Questa sentenza è innovativa esclusivamente sul piano della inaspettata omologazione tra il periodo di convivenza prematrimoniale e il matrimonio. La Corte di Cassazione, cioè, ha riconosciuto che la convivenza è un fenomeno sociale sempre più radicato e che pone sempre più domande al diritto di famiglia; a tal punto che la Cassazione si è spinta fino a riconoscere al legame di fatto, ovviamente se solido e permanente nel tempo, la stessa dignità giuridica del matrimonio. Questa è l’unica novità della sentenza (numero 35385 depositata il 18 dicembre) della Cassazione che, per il resto, considera l’assegno divorzile come ormai la giurisprudenza dei più accreditati tribunali italiani ha deciso. E cioè: eliminato il parametro del tenore di vita, sopravvissuto per trent’anni, l’assegno divorzile oggi ha un contenuto assistenziale, ovvero deve poter sopperire alla mancanza di lavoro e di reddito di una donna divorziata che non abbia lavorato, non lavori e sia priva di patrimonio; inoltre, al contenuto assistenziale si può sommare la componente indennitaria e compensativa, che deve colmare il vuoto patrimoniale ed economico inevitabile in qualsiasi donna che abbia rinunciato al lavoro, a favore della famiglia e che, ovviamente, sia priva di lasciti, per esempio, ereditari.
Diventa così un assegno composito, che si adegua, in ogni divorzio, alla storia particolare di ogni coppia. Diventano importanti, dunque, nel calcolare un importo equilibrato e giusto la storia di vita dei coniugi, il numero di figli, gli obiettivi raggiunti, le opportunità sacrificate, le scelte personali o condivise. Noi avvocati saremo tenuti, nel rispetto di questi principi, a raccontare come si sono modulate nel tempo, e perché, le aspirazioni dei coniugi, le loro responsabilità in quanto genitori, l’evoluzione o l’involuzione della famiglia. Sempre però facendo partire il racconto non dal giorno della celebrazione ufficiale del matrimonio, bensì dalla scelta della coppia di vivere insieme. Dunque, secondo me è giusto, in accordo con la Cassazione, che, essendo il matrimonio basato sui principi di solidarietà morale e materiale, il divorzio tenga conto della storia di ciascuna coppia: ponendo, quindi, attenzione a tutte quelle donne che hanno represso le proprie aspettative sociali e di carriera, per dedicare sé stesse alla cura e alla formazione dei figli e, naturalmente, alla carriera del marito. Pur se il tutto è iniziato, appunto, prima di diventare marito e moglie.
La novità estremamente interessante è dunque il fatto che si considera come se fosse stato matrimonio il periodo preconiugale, nel quale nel caso specifico esaminato dalla Corte, period nato un figlio. D’altra parte, la relazione affettiva “continuativa e stabile” della coppia, sulla quale la Cassazione ha giudicato, si è poi suggellata nel matrimonio, creando amore, solidarietà e scelte condivise senza soluzione di continuità. Il che ha incoraggiato la Cassazione a considerare la convivenza quasi come fosse già il matrimonio. È chiaro che questa visione ormai ratificata della convivenza uguale al matrimonio, porterà tanti cambiamenti nel diritto di famiglia, ma anche nel diritto penale. Per esempio: il furto tra coniugi non è procedibile, pur essendo un reato, perché il ladro e il derubato sono marito e moglie. Cosa succederà quando il furto avverrà tra conviventi stabili? Si considererà la convivenza, per quanto lunga, uguale al matrimonio oppure no? E che dire della pensione di reversibilità? E, domandona: come si ragionerà sul divorzio degli omoaffettivi? La convivenza precedente, per quanto lunga, sarà considerata uguale all’unione civile?