A una manciata di ore dall’apertura delle urne a Taiwan, Pechino ha accusato William Lai, il candidato del Partito democratico progressista di essere un «grave pericolo» e ha invitato senza troppe scorciatoie gli elettori a «fare la scelta giusta». La Casa Bianca non sta certo zitta, dopo mesi di gelo con la Cina e un risultato elettorale che potrebbe cambiare scenari geopolitici e affari. Il presidente Joe Biden starebbe addirittura pensando di inviare a Taipei una delegazione bipartisan di alto livello dopo il voto, guidata dall’ex vice segretario di Stato democratico James Steinberg e dall’ex consigliere repubblicano per la Sicurezza nazionale Stephen Hadley. Quanto basta, nel mezzo degli sforzi per stabilizzare le relazioni bilaterali, per scatenare già la reazione del governo cinese.
Le mosse dell’ultim’ora la dicono lunga sull’interesse per l’esito del voto, tra rischio tilt tra le due superpotenze Usa-Cina, che a livello globale si sommano ai due conflitti in corso, nell’Ucraina invasa dalla Russia e in terra palestinese tra Israele e Hamas, con altrettante ripercussioni.
Come se non bastasse, c’è stato anche il pensiero-profezia di Papa Francesco, che nel discorso al Corpo diplomatico nella Santa Sede durante il tradizionale scambio di auguri nell’Aula della Benedizione ha parlato di un «mondo attraversato da un crescente numero di conflitti che sta lentamente trasformano quella che ha più volte definito com “terza guerra mondiale a pezzi” in un vero e proprio conflitto globale». Bergoglio ha ribadito tutta la sua preoccupazione «per quanto sta avvenendo in Israele e Palestina» rinnovando l’appello a «tutte le parti coinvolte per un cessate-il-fuoco su tutti i fronti, incluso il Libano, e per l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi a Gaza».
I candidati in corsa a Taipei
In corsa per la successione alla presidente Tsai Ing-wen, in carica dal 2016, ci sono tre candidati. Alle urne sono chiamati 19,3 milioni di elettori. I riflettori sono puntati su un appuntamento elettorale che potrebbe ridefinire le relazioni tra Taipei e il gigante asiatico nel contesto di quello che è un file che vede Repubblica Popolare e Stati Uniti, alleati di Taiwan, da sempre ai ferri corti. In corsa per la successione alla presidente Tsai ci sono il suo vice del Partito democratico progressista (Dpp), Lai Ching-te (William Lai), in testa nei sondaggi, seguito da un ex capo di Polizia, Hou Yu-ih, che si presenta per il Kuomintang (Kmt), e un ex sindaco, Ko Wen-je, del Partito popolare (Ttp).
Cosa potrebbe succedere
In caso di vittoria, Lai Ching-te promuoverebbe attività separatiste che aumenterebbero le tensioni tra Pechino e Taipei», ha ruiferito senza mezzi termini il portavoce dell’ufficio cinese responsabile delle relazioni con Taiwan. Immediata la reazione del ministro degli esteri taiwanese Joseph Wu, che ha detto: «Pechino dovrebbe smettere d’intromettersi nelle elezioni di altri paesi e cominciare a organizzarle in patria.
Negli ultimi anni la Cina ha aumentato le pressioni diplomatiche e militari su Taiwan.
La Cina negli ultimi anni ha fatto pressioi su Taiwan, non nascondendo progetti di riunificazione «pacifica» con l’isola, che conta oltre 23 milioni di abitanti.
Le ultime mosse pre-voto
«Esortiamo gli Stati Uniti a smettere di intervenire sotto qualsiasi forma nel voto della management regionale di Taiwan e di inviare segnali sbagliati alle forze separatiste per l’indipendenza. La Cina si è sempre opposta con forza agli scambi ufficiali tra Usa e Taiwan sotto qualsiasi forma: c’è una sola Cina nel mondo e Taiwan è una sua parte inalienabile», ha chiosato il ministero degli Esteri, Mao Ning.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken oggi incontrerà un alto funzionario cinese a Washington. Di ritorno a Washington tra il suo ultimo tour sulla crisi in Medio Oriente e un viaggio al World Financial Discussion board di Davos, Blinken vedrà Liu Jianchao, che dirige la divisione internazionale del Comitato centrale del Partito comunista cinese, secondo il programma pubblico del Dipartimento di Stato. Gli Stati Uniti hanno detto di avere «profonda fiducia nel processo democratico di Taiwan e credono che spetti agli elettori di Taiwan decidere il loro prossimo chief senza interferenze esterne».
Intanto, Hou Yu-ih, il candidato nazionalista del Kuomintang (Kmt) tradizionalmente più vicino alle posizioni di Pechino, ha assicurato che «non svenderà» Taipei alla Cina e ha escluso colloqui per l’unificazione tra le opzioni del suo mandato in caso di vittoria, pur ribandendo l’apertura agli scambi per allentare le tensioni. E ha detto di voler mantenere un rapporto solido con gli Stati Uniti, anche in materia di difesa. Anche Lai è impegnato a mantenere lo established order, ma Hou ha obiettato che la sua posizione indipendentista alla fantastic provocherebbe una guerra con la terraferma. Il mantenimento degli assetti attuali è anche la posizione di Ko Wen-je, presidente e fondatore del Taiwan Folks’s Occasion (Tpp), il terzo incomodo per la presidenza.
L’appello del Papa
Oltre al monito profetico sulla guerra globale, Bergoglio ha espresso «preoccupazione per l’aumento dell’antisemitismo e la persecuzioni dei cristiani nel mondo, Bergoglio ha quindi richiamato a uno sviluppo tecnologico etico e responsabile, parlando dell’intelligenza artificiale come «una delle sfide più importanti degli ultimi anni» Il dialogo, ha sottolineato, «dev’essere l’anima della Comunità internazionale contro il rischio di una monadologia e della frammentazione in membership che lasciano entrare solo Stati ritenuti ideologicamente affini. Va rilanciato un comune impegno a servizio della tempo».