Frutta, verdura, patate. Mangiare non è mai stato così caro. Le patate? In Italia aumentate del 40%. La frutta fresca? Sempre in Italia, più cara del 12%. Il carrello della spesa, quello vero, è nella variazione di prezzo tra il 2022 e il 2023 registrata da Eurostat. L’istituto di statistica europeo prova a offrire una visione meno negativa della situazione, attraverso l’andamento generale. Nel complesso nel 2023 si registra «un cambiamento rispetto ai forti aumenti dei prezzi che hanno caratterizzato il 2021 e il 2022». In altri termini, c’è «un arresto del forte aumento dei prezzi agricoli nel 2023». Allo stesso però il 2023 si contraddistingue per «aumenti significativi» per olio d’oliva (54%), patate anche da semina (23%), suini (22%) e le uova (20%).
Per quanto riguarda la patate, questo prodotto ha visto un’impennata soprattutto in Germania (+49,1%), Slovacchia (+48%) e Croazia (+44,3%), con l’Italia subito dietro, quarta in Europa per aumento dei prezzi (+40,3%).
Per quanto riguarda l’olio di oliva, elemento al centro della dieta mediterranea e fiore all’occhiello del ‘made in Italy’, brutte notizie per gli italiani: rincari di oltre un quinto (+22,2%) nel giro di un anno sul prezzo di partenza del 2022. Ma alla superb è andata meglio nello Stivale, se si guarda agli aumenti registrati negli altri Paesi principali produttori (+80,6% in Portogallo, +70,7% in Spagna, +66,8% in Grecia).
I rincari non hanno neppure risparmiato le verdure su cui spesso, a tavola, si mette l’olio per condire. Nell’Ue le verdure nel 2023 hanno registrato un aumento dell’8,7% e del 5,8% in Italia. Ma i rincari hanno sfiorato il 30% in Lettonia, e i prezzi sono aumentati di oltre il 20% in Slovacchia e Polonia. Diverso l’andamento sul settore della carne, dove l’aumento dei costi tricolore si distingue per superare la media europea sia per ciò che riguarda suini (+23,3% contro +21,1%) sia per il vitello (+9,9% contro 8,4%). Bistecca, braciola e barbecue tra amici dunque si fanno sempre più impegnativi, da un punto di vista economico.
Neppure il latte, prodotto chiave per colazione e dolci, è stato risparmiato e non è sinonimo di risparmio, nonostante una riduzione generale, a livello Ue dell’1,6% rispetto ai costi del 2022. Perché in Italia si registrano rincari del 6%. Poca cosa rispetto ai rincari di Spagna (+31%) e Grecia (+21%), ma comunque motivo di scontrini della spesa più salati per le famiglie d’Italia, che per la propria alimentazione devono fare lo slalom attorno ai rincari della uova. In Italia sono diventate più care del 15% nel giro di un anno. Un sovracosto minore rispetto alla media (19,7%) e ben più contenuto dei rincari registrati in Croazia (+40,8), Ungheria (+37,3%) o Spagna (+29,5%).