Friday, November 15, 2024
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Dal divano al megastore di Netflix: ecco perché lo streaming non ha ucciso la socialità

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C’erano una volta i negozi blockbuster, poi arrivarono le piattaforme. A chi temeva però che lo streaming e il binge watching ci avrebbero chiusi in casa per sempre ed estraniati dalla vita reale, con il pallore da schermo retroilluminato, le occhiaie perpetue, zombie incapaci di interazioni sociali, sua maestà Netflix risponde con i megastore: praticamente dei supermercati dove oltre advert acquistare gli abbonamenti si potranno anche comprare gadget, vestiti e accessori sulle serie television più famose. I primi due dovrebbero nascere negli Usa entro il 2025. Saranno, annunciano, anche luoghi di intrattenimento. Luoghi fisici, non virtuali, dove le persone ci vanno in carne e ossa.

Naturalmente per Netflix è un grosso affare economico, la piattaforma sfrutta i suoi gioielli per allargare il enterprise, ma la direzione che questo enterprise sta prendendo ci rivela una verità fondamentale sul nostro essere umani: la nuova droga delle serie television non ci ha totalmente alienato, il net non ci ha isolato dall’esperienza fisica. Abbiamo ancora bisogno di incontrarci fuori dalla rete. E questo perché la condivisione è parte fondamentale di qualsiasi visione: piangere, ridere, commuoversi, avere paura davanti a un movie o a una serie, che senso hanno se lo facciamo da soli? Certo, da soli possiamo passare una notte intera con la copertina sul divano sgranocchiando biscotti e infilando una dietro l’altra tutte le stagioni di Breaking Unhealthy o della Casa di Carta, di The Crown o di Stranger Issues. Ma poi cercheremo sempre qualcuno con cui parlarne, hai visto questo, ti è piaciuto l’altro: e che frustrazione quando non puoi farlo.

In più, tutti quelli che sostengono il valore culturale delle serie television, per i quali sono le serie il nuovo genere che racconta la contemporaneità e stanno al nuovo millennio come l’Opera stava all’Ottocento e il romanzo (e il cinema?) stava al Novecento, possono anche sognare che questi megastore diventino luoghi di confronto intellettuale: per esempio, che ci siano sale di proiezione con dibattito: Tony Soprano è morto oppure no nell’ultima scena dell’ultimo episodio? E senza di lui sarebbe mai esistito Walter White di Breaking Unhealthy? In che modo Bojack Horseman segna una rottura nella storia delle serie animate? Associates: discriminazione e sessismo oppure un grande passo in avanti nella cultura dei diritti?

Poi probabilmente finirà che diventeranno sale giochi per adolescenti, tutte laser e videogame, dove tu adulto ci entri solo per comprare la tazza di Mercoledì Addams da regalare a tua nipote a Natale, ma sognare non costa nulla: poi ci si può serenamente ritirare a casa, incollarsi davanti alla nuova uscita e quindi partorire una lunga, articolata e dotta recensione non richiesta sui social.

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