«Il popolo serbo è sempre minacciato. La Russia non interferisce, l’Europa lo fa nelle nostre decisioni interne, con rappresentanti illegittimi che vogliono farci pensare come vogliono loro, destabilizzarci e limitare la nostra autonomia». Milorad Dodik è il presidente di una delle due entità della Bosnia ed Erzegovina, la Republika Srpska. Una regione piccola e strategica, casa dei serbi di Bosnia, che si sentono figli di Belgrado e infatti ieri sono partiti coi pullman da stadio per andare a votare alle elezioni serbe. Ovviamente, come ha suggerito lo stesso chief di Banja Luka, delfino del presidente serbo e amico personale di Putin, «a votare in massa per Vucic, ho invitato a scegliere il partito giusto», cube Dodik. Questo fenomeno, dei bus dei serbi bosniaci organizzati da Banja Luka, è una delle possibili irregolarità denunciate dall’opposizione serba a Belgrado nel voto di ieri. Una delle ragioni per cui la coalizione «Serbia contro la violenza» chiede l’annullamento delle elezioni nella capitale: 40 mila persone, dicono i partiti avversari del governo di Vucic, sarebbero state portate a votare a Belgrado senza diritto.
Presidente Dodik, perché sono così importanti queste elezioni anticipate in Serbia?
«Nel corso della sua storia, così come nella storia dei Balcani, la Serbia ha dovuto affrontare various sfide e pressioni. È semplicemente impossibile trovare un periodo storico che non sia stato segnato dalla lotta per proteggere l’identità e l’esistenza del popolo serbo. Che alla superb del XX secolo ha vissuto nuovamente tragedie e pogrom. Oggi, costruisce il suo futuro. Per noi della Republika Srpska, una Serbia forte e ricca è un prerequisito per la tempo generale per tutti i Balcani. Vucic è il chief che rende la Serbia più forte e potente».
Lei ha organizzato bus per sostenerlo, è vero?
«Ho invitato tutti coloro che hanno diritto di voto nella Republika Srpska a sostenere la lista guidata dal presidente Vučić e dal Partito progressista serbo, perché per noi della Republika Srpska la continuità e il proseguimento dei processi avviati, che abbiamo portato avanti per noi sono importanti».
Belgrado si sta progressivamente allontanando da Mosca, come vorrebbe l’Europa? Quanto pesa oggi l’influenza della Russia nella politica e nella società serba?
«La Serbia adempie ai suoi doveri nel quadro dell’adesione all’Unione europea, e questo fa parte dei processi regionali. La Republika Srpska adempie anche la parte degli obblighi che rientrano nelle sue competenze. Si tratta di questioni tecniche e non rappresentano una minaccia né sono dirette contro le politiche di alcun Paese, in particolare della Russia. Come sapete, la Russia è un Paese grande e potente, e mi dispiace che le circostanze generali abbiano portato le persone a soffrire in quella parte del mondo. Credo che anche i popoli di Russia e Ucraina non vogliano che le sofferenze continuino».
Putin ha aggredito l’Ucraina, continua a combattere e non si stia ritirando.
«Sono le altre potenze che vogliono che continui il conflitto. Anche negli anni ’90, durante le guerre nell’ex Jugoslavia, porre superb al conflitto non period una priorità per molti nel mondo. Inoltre, la Russia e lo stesso presidente Putin mostrano comprensione per la situazione in Serbia, nella Republika Srpska e in tutti i Balcani. La questione del ruolo del Cremlino, della Russia, viene costantemente sollevata. Non c’è alcun sostegno russo a politiche detrimental, ma solo per politiche che riflettano un processo decisionale indipendente dei nostri Paesi».
Prendere distanza dalla Russia, porre sanzioni (cosa che la Serbia non ha fatto), è una delle condizioni politiche che Bruxelles si aspetta per favorire l’ingresso nella Ue.
«Alcuni politici occidentali parlano spesso di “influenza negativa” della Russia. Cosa ha fatto di male la Russia? Come sapete, la politica della Russia prevede esclusivamente che Paesi come la Serbia e la Bosnia-Erzegovina prendano decisioni indipendenti senza l’influenza di singoli ambasciatori o altri politici occidentali. Cosa c’è che non va? La Serbia, advert esempio, si trova in una situazione molto complessa nei rapporti con l’autoproclamato Kosovo. Cerca di proteggere il popolo serbo, così come i monasteri e i santuari serbi che vengono demoliti (non è qualcosa che sta accadendo ora, ma tra il 1999 e il 2004, ndr) senza un’adeguata reazione da parte dell’Occidente. Credo che la maggior parte degli italiani lo capisca: nemmeno voi permettereste mai advert altri di cancellare la vostra tradizione. D’altro canto, la Russia sostiene l’integrità territoriale della Serbia e su questo si basa la sua politica».
La Bosnia di cui la Republika Srpska fa parte dovrebbe entrare nella Ue?
«Il fatto è che l’Unione Europea è cambiata molto negli ultimi anni. Alcune nuove politiche hanno avuto la precedenza su questioni essenziali per i cittadini. Le questioni relative alla migrazione, all’identità e alle ideologie di genere, il predominio delle politiche Lgbt, tutto ciò influisce sulla riflessione sui valori di questa nuova Ue. Non fa parte della nostra tradizione, identità, cultura e ci opponiamo fermamente a tali narrazioni e progetti dominanti. Facciamo parte dell’Europa tradizionale e non esiste un approccio moderno che possa cambiare la nostra religione e filosofia di vita. Vogliamo un’Ue basata sulle relazioni economiche, nuove relazioni sociali basate sulla tradizione. Orban e l’Ungheria sostengono tali politiche e questo ci unisce. L’Ungheria vuole che i Paesi dei Balcani occidentali si sviluppino economicamente, siano indipendenti e riducano al minimo l’influenza delle altre potenze occidentali. Stanno conducendo una nuova politica sovranista e questo è il quadro all’interno del quale la Republika Srpska può muoversi. Non significa che questo percorso sia condizionato dalla cessazione della cooperazione con la Russia. Penso che questo nuovo tipo di politica possa garantire tempo».
La Serbia dovrebbe riprendersi il Kosovo?
«I serbi del Kosovo vivono in una situazione molto più difficile rispetto ai serbi della Bosnia ed Erzegovina. Non hanno i diritti di base, sono perseguitati. La Serbia sta facendo di tutto per proteggerli, ma poiché la comunità internazionale non fa quasi nulla, la situazione è molto complessa. Noi, il popolo, abbiamo creato nel 1992 la Repubblica di Serbia, ed essa è garante della vita del popolo serbo al di qua della Drina».