Sunday, November 17, 2024
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La riforma della Carta, rivincita sui costituenti

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Sullo sfondo nebbioso degli impegni e dei desideri del Governo e di Giorgia Meloni, un obiettivo è irrinunciabile: la riforma costituzionale. E, al suo interno, l’elezione diretta, popolare del capo del governo. Giorgia Meloni prenota la sua seconda stagione di governo nel giorno della prima vittoria: sgombra, verso l’esterno, della rigorosa presenza del nostro capo dello Stato (non a caso definito, a tranquillizzare gli italiani , figura intangibile); e, all’interno della coalizione, sgombra di petulanti competitori, acquietati dalla curiosa previsione di un premier (potremo chiamarlo non abusivamente così),di riserva, in panchina.

Difficile che qualcuno, all’esterno della bendisposta cerchia meloniana, creda alla prima favoletta, l’intangibilità dei poteri del capo dello Stato: il quale perderebbe i suoi principali poteri in materia di formazione del governo, advert esempio, oggi insopportabili. Alla seconda, il classico specchietto per le allodole, l’obiettivo è qualcuno ci caschi. Basta un’allodola, sempre quella. Le intenzioni del governo (conosciute dalle Camere, come dai cittadini, attraverso i canali della ordinaria comunicazione) non nascono dai fermenti di una comunità politica cresciuta ed unita attorno advert una Costituzione. È la mossa che la minoranza oggi governante, tenuta ai margini della edificazione costituzionale per connivenza con il regime abbattuto, tiene tenacemente in serbo dal dopoguerra: la bandiera dell’elezione popolare del capo di governo, avversata dai costituenti impegnati a scongiurare un possibile ritorno all’indietro. E’ la rivincita, contro gli stessi costituenti: impensabile fino alla incrinatura costituzionale (non dichiarata, ma pragmaticamente perseguita sottotraccia) del 1994. Con la creazione di una coalizione di centrodestra che raccoglieva gli esuli di un coagulo partitico dissolto dall’assalto di Mani pulite contro Tangentopoli: a tal punto ardito da mettere insieme l’ipernazionalismo della destra (allora solo quella), e la rottura dell’unità nazionale voluta dalla Lega Nord, tra l’altro all’epoca platealmente antifascista. Davvero una raccolta indifferenziata .

L’obiettivo della privatizzazione degli obiettivi della politica esigeva di sfrattare la centralità delle camere sostituendola con quella del governo; nonché di sterilizzare ogni potere di controllo della mitica eterodossia costituzionale dell’esecutivo, che si spingeva advert assegnare la guida delle commissioni giustizia ai legali del capo del governo. Potere attribuito dai costituenti al nostro capo dello Stato, oltre che alle Camere. La promulgazione delle leggi diveniva l’unico momento di tensione dell’intero procedimento legislativo.

Una incrinatura costituzionale non dichiarata, tenacemente perseguita nell’azione quotidiana, con provocazioni anche legislative dirette advert intaccare i poteri del capo dello Stato rispetto al governo ed alla sua formazione. Ma ispirata advert un tenace pragmatismo della necessità, e priva di ogni aspirazione ideologica. Ciò che la distingue di quella odierna, questo è un profilo dirimente.

Le ultime elezioni hanno creato la condizione per cui gli emarginati della Costituzioni possano “dare le carte”, come si usa dire oggi: dando forma costituzionale alle pratiche istituzionali del berlusconismo, in un proposito di Costituzione alternativa. Così, in esagerata sintesi e per memoria, si arriva alla situazione odierna. L’obiettivo è dichiarato: retromarcia indietro rispetto all’impostazione impressa alla Costituzione dai costituenti. Resta da vedere se l’opposizione, quella che si compone della parte non refrattaria alla Costituzione, advert oggi imbelle sul terreno dell’azione di governo, mediti e sia capace dell’organizzazione di una dignitosa difesa del nostro sistema costituzionale. A partire dalla restituzione alle Camere delle originarie funzioni, per la verità mai nemmeno proposta. Mettendo da parte balbettii ed egoismi di parte. Almeno per quanto concerne il ripristino e la protezione degli anticorpi posti dai costituenti a difesa della nostra dialettica democratica, attraverso una decorosa separazione dei poteri: l’unico meccanismo antiscasso in possesso delle democrazie.

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